Fertilizzanti e mangimi, un traffico da circa 200 mila tonnellate l’anno
Quanto e verso dove esporta l’Italia
Cosa c’è dentro i container che trasportiamo? È una domanda a cui, da qualche tempo, stiamo cercando di rispondere raccontando i tipi di commodity con i quali abbiamo più a che fare, i più insospettabili, forse.
Il 90% di tutto, titolava un famoso libro della giornalista inglese Rose George ed effettivamente è così: se ci soffermiamo sugli oggetti che ci circondano in questo momento, è molto probabile che quasi tutto sia arrivato nella nostra stanza viaggiando in un container. Ma non sono solo i beni di largo consumo, ad essere i protagonisti delle statistiche di import ed export del nostro Paese e di movimento teu sulle banchine italiane: dentro i container viaggia un mondo che spesso non immaginiamo nemmeno.
Oggi vi raccontiamo del traffico dei fertilizzanti e dei mangimi, una commodity che nel 2020, nonostante il rallentamento dell’economia globale a causa della pandemia Covid19 che ha toccato anche questo settore, per noi ha segnato un + 50% rispetto ai volumi trasportati da Mto nel 2019.
Ma cosa si intende per fertilizzante? Ne abbiamo parlato con Robert Paul Dreelan della casa di spedizioni Toll, nostro cliente storico:
«Sapete quando si dice che non si butta via nulla? – domanda con ironia – Parte tutto da lì».
Quello che viene usato per concimare, altro non è che uno scarto delle lavorazioni sulla carne, per lo più sangue e ossa, nel pieno rispetto delle norme sanitarie in vigore e in linea con i moderni concetti di Circular Economy e EU Green Deal.
In generale sono due, i tipi di prodotto che trasportiamo con più frequenza: bone meal, che deriva dagli scarti di ossa e il blood meal, che deriva dagli scarti di sangue. Entrambi sono di colore marroncino perché anche il sangue viene essiccato e trasformato in farina.
Ma l’uso finale non è sempre quello di fertilizzante (a cui viene obbligatoriamente aggiunta, prima della partenza, anche una percentuale di matrice vegetale di diverso tipo), dipende dalla richiesta del mercato e dall’esigenza doganale del cliente; le farine possono essere usate, a seconda delle loro caratteristiche, anche come mangimi o pet food (cibo per cani e gatti).
Il prodotto viene raccolto dai siti industriali di lavorazione delle carni di tutta Italia e il traffico di questo tipo di commodity viene gestito da produttori diretti e trader nazionali. Si può parlare genericamente di circa mille container al mese per un totale di 20 milioni di chilogrammi, che generano principalmente da Emilia-Romagna, Lombardia e Piemonte.
Il prodotto italiano, al pari di quello proveniente dal Nord Europa (Irlanda e Polonia in particolare), ha una qualità elevata rispetto a quello prodotto nelle altre parti del mondo che dipende dal regime alimentare del nostro bestiame. I principali Paesi importatori appartengono al Sud Est asiatico, Vietnam e Thailandia ai primi posti.
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La merce viene imbarcata dentro i container in sacchi e l’esportatore ha l’obbligo di inserire – con l’ausilio dello spedizioniere – tutti i dati relativi alla spedizione sul sistema Traces, un tool elaborato dal sistema veterinario dell’UE. Il container viene poi chiuso con sigillo e trasportato al porto con un anticipo di almeno 24 ore sull’imbarco, in modo che se il Pif sanitario (uffici periferici del ministero) richiede un controllo, si abbia il tempo per farlo, senza rischio di rimanere a terra. Un tempo tecnico che può essere abbattuto, secondo Dreelan, dall’introduzione del sigillo elettronico con bare code, che riduce molto il possibile errore umano di trascrizione errata del codice.