Sul porto di Livorno esistono alcune certezze: è il porto principale della Toscana e alcune dispute: secondo alcune convenzioni fa parte del Mar Ligure, secondo altre del Mar Tirreno. Scegliete voi la versione che vi piace di più!

Si tratta di uno scalo polivalente, dotato cioè di infrastrutture e mezzi che consentono di accogliere qualsiasi tipo di nave e di movimentare qualsiasi categoria merceologica e ogni tipologia di traffico (LO-LO, rotabile RO-RO, rinfuse liquide e solide, auto nuove, crociere, ferries, prodotti forestali, macchinari, ecc.). Serve un hinterland piuttosto ampio, formato principalmente da Toscana, Emilia-Romagna, Umbria, Marche e buona parte del Veneto.

Livorno per MTO

Lo scalo labronico è un punto fermo nella storia del nostro Gruppo, Finsea. Qui abbiamo sempre investito in risorse umane, abbiamo aperto sedi di agenzie marittime e investito in società che operano in diversi campi, da quello marittimo-portuale a quello logistico.

I servizi che possiamo offrire sono moltissimi, a partire dai trasporti all-truck sia in one way sia in round trip, continuando con i trasporti intermodali con destinazione Rubiera, Bologna e Padova, con i trasporti speciali (reefer, ribaltabili, merce ADR e CER) ed eccezionali, per concludere con i trasporti convenzionali FTL, l’ultima divisione su cui abbiamo investito in termini di risorse umane e competenze specifiche.

Inoltre, i nostri clienti possono usufruire di tutta una vasta gamma di servizi accessori, in particolare di aree esterne per temporanea custodia e magazzini coperti per la movimentazione merce.

Il porto in numeri

,

Km di lunghezza

Moli

Banchine di carenaggio

Accosti disponibili nella Darsena

Km2 di magazzini

CURIOSITÀ IN PORTO

Il porto di Livorno oggi persegue un grande progetto di ampliamento verso mare: la Piattaforma Europa. Pensata e progettata per accogliere grandi navi, offrirà 3 km di banchine, 2 grandi terminal, 2 milioni di metri quadrati di nuove aree e un nuovo ingresso portuale con fondali fino a – 20 metri.

La nuova infrastruttura portuale si sviluppa in due fasi. Nella prima fase verrà realizzato il nuovo terminal contenitori, la seconda fase sarà invece dedicata alle autostrade del mare e ai traffici Ro-Ro e Ro-Pax.

PIATTO TIPICO: il cacciucco

Pellegrino Artusi nel suo celebre libro “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” già nel 1891 lo descriveva come il re della cucina livornese: “buono quanto si voglia, è sempre un cibo assai grave e bisogna guardarsi dal farne una scorpacciata”.

È il cacciucco: una zuppa di pesce fatta da molti tipi di pesci e molluschi (ma non con pesce raffinato) messi a cucinare in salsa di pomodoro. Alla base del piatto c’è una miscela di aglio, pepe e salvia.

Ci sono varie versioni che tentano di risalire all’etimologia del suo nome; l’unica accettata dalla scienza linguistica è che il nome tragga le sue origini dal termine turco küçük, che significa ‘di piccole dimensioni’, in riferimento ai pezzetti piccoli che compongono la zuppa.

Secondo un’altra ipotesi, che pone problemi semantici, deriverebbe invece dallo spagnolo cachuco, il nome specifico di un pesce, simile al dentice, ma che viene usato anche per indicare il pesce in generale.

I PROVERBI CITTADINI

Un si frigge mia con l’acqua

Non si frigge mica con l’acqua

In genere si usa come risposta a qualcuno che si meraviglia di come le cose siano state fatte bene, con abilità e magari anche senza badare a spese.

LE LEGGENDE DI PAESE: Il piccolo pescatore turco Hamet e la leggenda del Caciucco

Hamet era il figlio di un pescatore turco che passava tutte le sue giornate con il padre pescatore nella baia di Smirne sognando spesso di andare lontano. Quando tornava dal mare era solito passare ore nell’osteria di sua madre Mirjam, che cucinava i pesci ogni giorno, in genere quelli di piccola taglia che il marito non riusciva a vendere ai clienti abituali perché meno richiesti. La sua specialità era la “balik çorbası”, una zuppa di pesce che con varie differenze era diffusa in tutti i paesi rivieraschi del mondo sin dai tempi degli Ittiti e dei Fenici. La preparava in maniera originale: tutti i pesci insieme in una grande pentola sul soffritto di cipolla, aglio, capperi, salvia, mezzo bicchiere d’aceto e abbondava con il peperoncino.

Diventato grande Hamet iniziò ad andare da solo a vendere il pesce a Smirne e qui conobbe Özgür, un ricco mercante che spesso faceva viaggi al porto franco di Livorno per vendere e comprare merci. Özgür raccontava come i livornesi fossero molto simili a loro (ripeteva spesso “stessa faccia, stessa razza”): commercianti, cosmopoliti, multietnici e accoglienti verso gli stranieri di qualsiasi provenienza e religione. Un giorno Hamet si imbarcò con Özgür alla volta di Livorno dove giunse nel 1963, cent’anni esatti dopo la promulgazione delle leggi livornine. Hamet toccò con mano il fascino di quella città libera e multietnica e decise di stabilirsi a Livorno per sempre. Scaricate le merci, espresse questo desiderio a Özgür che lo presentò immediatamente a un suo cliente turco di nome Soner che da tempo risiedeva a Livorno dove commerciava spezie orientali. “Cosa sai fare oltre a pescare?” gli chiese e non appena seppe che sapeva cucinare gli rispose: “Bene! Apri una taverna vicino al porto, perché i livornesi sono grandi mangiatori!” E gli offrì un suo fondo al momento inutilizzato.

Poche settimane dopo Hamet inaugurò la sua taverna dove il piatto forte era la “balık çorbası” che preparava come faceva la sua mamma ma con una variante: al posto dei capperi mise la salsa di pomodoro, una novità del nuovo mondo, giunta a Livorno da un bastimento salpato da Siviglia. Il sapore era talmente nuovo e particolare che la voce si sparse subito e i clienti iniziarono ad arrivare da ogni parte.

Essendo parsimonioso, Ahmet agli inizi cercava di spendere poco comprando solo piccoli pesci di varie tipologie, rimasti invenduti sui banchi dei pescatori e a chi cercava di vendergli pesci di taglia più grande a un prezzo maggiore, replicava: “küçük balik” (pesci piccoli!) e ripeteva più volte: “küçük, küçük!” (piccoli, piccoli!). L’ironia labronica non tardò ad arrivare e presto i pescatori soprannominarono “Cacciucco” il nostro Hamet, “livornesizzando” la parola turca “küçük”.