Profumo di caffè.
Un viaggio oltre il mare per iniziare le nostre giornate

In Italia circa l’80% delle persone beve caffè, probabilmente perché il restante 20% sono bambini. È proprio per questo che ne veniamo definiti la patria nonostante non ne siamo i produttori primari. Ma da dove proviene il frutto divino che ogni mattina ci sveglia con il profumo pungente che tutti noi adoriamo?

Ne abbiamo parlato con Matteo Bianchi, coffee trader di Lavazza, senza ombra di dubbio una delle “tazzine” più famose d’Italia. Insieme a Yang Ming Italy gestiamo per loro una parte del trasporto dei chicchi che originano dal Vietnam, secondo produttore al mondo dopo il Brasile, da dove proviene la maggior parte della Robusta. Un traffico che per noi vale alcune centinaia di container all’anno.

 

A differenza dell’Arabica, questa qualità di caffè ha un sapore più intenso e forte, due caratteristiche sensoriali di quello che definiamo lo stile italiano dell’espresso, perfetto per i nostri risvegli. Dal punto di vista botanico la Robusta cresce ad altitudini più basse, a temperature maggiori, è più produttiva e resistente; l’Arabica cresce ad altitudini maggiori è più sensibile agli attacchi esterni e meno produttiva.

 

In Vietnam si produce anche Arabica ma la coltivazione di questa specie è solo un trentesimo (circa un milione di sacchi) rispetto a quella della Robusta. Le piantagioni di caffè si trovano principalmente nel centro-Sud del Paese, e la raccolta avviene grossomodo tra ottobre e gennaio. Il traffico in importazione si sviluppa nel corso dell’anno in maniera abbastanza omogenea, con un picco a gennaio e un rallentamento a dicembre.

I frutti del caffè sono simili a ciliegie e infatti così vengono chiamati e la tecnica privilegiata per la raccolta si chiama stripping: tenendo fermi i rami della pianta con una mano, il raccoglitore, che indossa guanti appositi, li scorre interamente con l’altra, raccogliendo tutte le bacche in una volta, quindi le ripone nei sacchi pronte per essere trasferite nei luoghi di essicazione, esposti al sole vietnamita. Questa è di gran lunga la fase più delicata della produzione del caffè perché in caso di pioggia o di forte umidità il raccolto potrebbe essere danneggiato in modo irreparabile.

Successivamente i chicchi vengono estratti dal frutto – in genere ci sono due chicchi per ogni bacca – e portati ai mill, mulini dove si controlla il livello di umidità, si eliminano i corpi esterni e dove vengono separati a seconda delle dimensioni e numero di difetti.

 

E così finalmente il caffè inizia il suo lungo viaggio verso l’Italia. Il trasporto dal Vietnam viene gestito con container da 20 piedi che possono contenere circa 320 sacchi da 60 chili l’uno o fino a circa 21 tonnellate in caso di “bulk”. Un piccolo feeder li accompagna fino al porto di Singapore, dove vengono trasbordati, spostati, su una nave più grande impiegata sul traffico Far East – Europa.

Come per il cacao, anche i chicchi di caffè vengono caricati seguendo gli standard di ciascuna azienda importatrice, che detta le proprie regole per limitarne al massimo il danneggiamento da umidità. Anche in questo caso, la tecnica privilegiata è quella dei craft paper, fardaggi di carta che ricoprono le pareti del container, cui possono aggiungersi dei dry bags, piccoli sacchetti che assorbono le condense.

Dal porto di Ho Chi Minh a Genova il viaggio dei sacchi di caffè in mare dura circa 26 giorni, ad attenderli sulle banchine sotto la Lanterna ci sono i doganalisti di SAT, la nostra casa di spedizione, che prepara tutti i documenti necessari al transito della merce in regime di T1, che permette lo spostamento delle merci da un punto all’altro della Comunità Europea senza riscossione immediata dei diritti doganali. Sbrigate tutte le pratiche, i container partono a bordo dei nostri camion alla volta dei magazzini doganali in Liguria e Piemonte dove il caffè verrà poi nazionalizzato.

 

Qui vengono prelevati i campioni per le prime analisi sul prodotto, a partire da quella fisica organolettica per finire con quelle chimiche dove ci si assicura che la merce segua i parametri di legge. Oltre a queste verifiche, Lavazza, manda anche un campione rappresentativo all’autorità sanitaria italiana per le analisi conformi al Dpr 470 che disciplina igienicamente la produzione e il commercio del caffè e dei suoi derivati.

Passati i test, i chicchi di caffè continuano il loro viaggio verso gli stabilimenti piemontesi Lavazza di Settimo Torinese e Gattinara. Qui avviene la trasformazione in prodotto finito; il caffè viene miscelato crudo, tostato e impacchettato in diversi formati: macinato, in capsule o in grani. Esiste inoltre un terzo stabilimento specializzato solo nella decaffeinazione del caffè che si trova in provincia di Isernia.