Alessandro Narducci
Reparto operativo import
«Da re delle notti genovesi alla logistica». Esordisce così, Alessandro Narducci, quando gli chiedi di raccontarti la sua storia personale. Difficile non rimanerne incuriositi e lui lo sa: dietro gli occhiali i suoi occhi vispi brillano.
All’inizio degli anni Novanta, quando tutti i teenager si incollavano alla televisione per vedere Beverly Hills 90210 e Maradona si presentava ai mondiali di calcio con il titolo di Campione d’Italia, inizia a gestire discoteche a Genova, nomi che evocano grandi glorie di un’epoca passata: Cezanne, Piscine dei castelli, Vanilla, Anyway; si fa un nome e si spinge fino alla riviera romagnola, cuore nazionale della movida, «Walter Nudo? L’ho inventato io», scherza. A questo punto la domanda sorge spontanea: e poi? «Ho conosciuto Katia – ride di gusto – “o me o le discoteche”, mi ha detto un giorno. Ci ho pensato un minuto e ho deciso di mollare».
La strada che lo porta a “salire” sul camion però è ancora lunga, prima maestro di tennis in un villaggio turistico – «beccavo un casino, ma dormivo pochissimo», ironizza ancora – poi perito assicurativo per una compagnia genovese. Da lì simpatizza con il container e la Capital Lease lo contatta per aprire a Genova la filiale che servirà tutta l’area mediterranea. Un’esperienza che definisce la più bella della sua vita: «Mi occupavo di stipulare contratti di noleggio container con armatori e i vari depositi; viaggiavo moltissimo: Spagna, Francia, Svizzera, Marocco, Turchia e molti altri paesi. Ho conosciuto i manager delle più importanti compagnie di navigazione del mondo, persone preparatissime con le quali spesso mi sentivo un pesce fuor d’acqua, ma la grinta innata mi ha sempre permesso di affrontare ogni situazione, apprendere molto e “portare a casa” dei contratti». E anche qui la domanda sorge spontanea: e poi? «Poi mi hanno chiesto di trasferirmi a Shanghai, nel frattempo erano nati Matteo e Tommaso. Ci ho pensato molto e ho rifiutato, sono troppo legato alla mia terra».
Il Gruppo Finsea, prima con Uasc e poi con Mto, segna l’inizio della sua quarta vita e qui sembra aver messo definitivamente le radici. Cosa ha convito il suo spirito irrequieto a fermarsi?
«È un grande Gruppo, gestito bene, sono onorato di farne parte; ho sempre trovato persone bellissime, dal top manager allo stagista. Ho sentito tanto parlare di noi quando ancora, di questa grande realtà ero solo spettatore esterno: c’è una forza che ci contraddistingue da tutti gli altri: sappiamo diversificare, siamo guidati da un imprenditore con un carisma particolare, che ha coraggio di intraprendere nuove sfide e cambiare rotta quando è tempo di farlo. Di questi tempi non se ne vedono più tanti così»
Mto è una parte fondamentale delle attività del Gruppo, negli anni è evoluta molto. Come la definirebbe?
«Per me, MTO è come una squadra di Formula Uno, ognuno fa bene il proprio lavoro dai vertici, ai piloti, ai meccanici. Ogni mansione è indispensabile per far sì che rimanga ai vertici della logistica italiana, al servizio dei clienti».
Di cosa si occupa nello specifico?
«Faccio parte del reparto operativo import e passo viaggi, oggi si dice che faccio il dispatcher, ma a me piace ancora dirlo in italiano. È un compito importante, dove la precisione delle informazioni e la tempestività sono fondamentali. A dirlo sembra semplice, ma nel nostro lavoro ci troviamo spesso anche a dover gestire ritardi, chiusure dei terminal, autostrade interrotte e dobbiamo aver maturato buone competenze di problem solving per rendere la vita più facile sia ai clienti sia ai fornitori».
Qual è, secondo lei, l’ingrediente indispensabile per il suo lavoro?
«La simpatia e la competenza. La simpatia è quello che, a parità di prezzo, permette a un cliente di sceglierti. Io sono fatto così: o mi ami o mi odi. Sono fortunato perché ad amarmi sono i top client: vogliono parlare tutti con me, incredibile! Battute a parte, instaurare un rapporto più leggero spesso aiuta, soprattutto quando si lavora in un settore frenetico come il nostro, dove siamo spesso sotto stress. Far sorridere qualcuno è un gesto che, oltre a restituire sempre gratitudine, fa stare bene anche te».
Rende le giornate più piacevoli anche ai suoi colleghi?
«Sì, a volte, quando non li faccio arrabbiare».