Bruno Canova 

Reparto operativo trasporti speciali

Bruno Canova, classe 1962, è un’anima operativa fino al midollo, con una vita impregnata di salsedine, di moli e di vento. In Mto è l’uomo degli “eccezionali”, un progetto che aveva nel cassetto e che è diventato realtà grazie alla sua passione e alla sua determinazione. Come il Gruppo di cui fa parte, Finsea, anche la sua storia inizia sulle banchine di Genova. «A casa abbiamo sempre respirato il porto, che per me erano le mani sporche di mio padre, le sue divise da lavoro, i suoi racconti di vita: era un lavoratore portuale e quella parte di Genova per lui non aveva misteri. Poi nel 1985 sono stato assunto in Siamar, agenzia marittima che si occupava anche di spedizioni. Mi alzavo alle 5 e alle 6 ero già in calata per le operazioni di carico e scarico merci. Da lì a poco mi avrebbero trasferito al reparto logistico e da quel momento in poi i trasporti sono diventati parte della mia identità. Nel 1997 Finsea mi ha adottato e da questa casa non me ne sono più andato».

Come è la giornata tipo di un addetto ai trasporti eccezionali?

«Bevendo il caffè inizio la giornata facendo un breve recap di tutto ciò che devo fare, che mi sono preparato la sera prima: verifico le tempistiche di ogni pratica per capire a che punto siamo nel processo. Poi mi dedico alle nuove richieste, che sono tantissime, studio i casi, richiedo le informazioni che mi
mancano, in particolare schede e disegni tecnici, foto o qualsiasi materiale utile per capire di quale carico si tratta e di conseguenza quali mezzi possono essere utilizzati. Questo è un settore stimolante: ogni trasporto è diverso dall’altro, ognuno ha le sue specificità, non c’è nulla di standardizzato, bisogna affondarci la testa dentro e studiare».

È questo il vostro valore aggiunto?

«Studiare i casi a fondo aiuta a prevenire i problemi, a diminuire la possibilità di spiacevoli sorprese. In questi anni abbiamo aiutato tanti clienti a sviluppare i loro business. Resto convinto che con il partner giusto, che conosce bene l’equipment e le sfaccettature del trasporto, che sa dare i giusti consigli, i clienti possono aprirsi strade che prima non pensavano percorribili. Quando poi arriva la fiducia è un bel lavorare per tutti».

E qual è il suo bilancio a due anni dall’inizio delle attività di Mto?

«La prudenza mi contraddistingue e dirò che sono moderatamente soddisfatto, siamo cresciuti tanto, le richieste di quotazione sono in aumento e questo significa che il mercato esiste e risponde bene. Certo, non abbiamo avuto tempi facili ultimamente con le infrastrutture stradali e qualche bel mal di testa ci ha tenuto compagnia per mesi. La merce riesce ad arrivare a destinazione ma lo stress a cui è sottoposta è alto. Oggi per esempio ho due pezzi in porto da 75 tonnellate l’uno e i tempi per le autorizzazioni hanno quasi sfiorato i due mesi».

Perché ha scelto di occuparsi dei trasporti eccezionali?

«Mto nasce come un ufficio logistico, ci occupavamo di trasporti per le tre maggiori agenzie marittime del Gruppo: Yang Ming Italy, Uasac Italy e China Shipping Italy. Lo shipping negli ultimi anni ha sorpreso tutti non sempre in modo positivo e l’ondata di fusioni non ci ha fatto sconti: nel giro di pochi mesi abbiamo visto due dei nostri maggiori clienti sparire. Che potevamo fare? Farci travolgere dagli eventi o scovare l’opportunità che si dice che nelle crisi ci sia sempre. Ci siamo guardati in faccia e ognuno ha messo sul tavolo un progetto. Il mio erano i trasporti eccezionali, avevo già fatto qualcosa in questo campo, ma si trattava di operazioni marginali, avevo una grande passione verso questa nicchia di trasporto e ci ho scommesso sopra».

Una bella prova di coraggio…

«Dalla mia parte ho avuto la fortuna di “sposare” una famiglia di trasportatori: mia moglie, mio cognato e prima ancora mio suocero mi hanno trasmesso molto del loro know how, oltre a una passione sfrenata per tutto ciò che sono i motori e l’utilizzo delle attrezzature, come le gru, per esempio. Con loro sentivo spesso parlare di sicurezza, di caricazione e delle mille sfaccettature che interessano questo mondo. È stata una formazione intensa e continuativa».

Le banchine non le mancano?

«Non le ho mai lasciate, in realtà. Vado spesso a seguire le operazioni in porto e a volte mi trovo davanti alle situazioni più disparate. Per risolvere le problematiche che si verificano mi confronto con il cliente e con i periti per visionare le operazioni di carico e rizzaggio e non sono mancati casi singolari, come quella volta che dentro la cabina di un escavatore che stavamo imbarcando si era formato un nido di api e sono andato a rimuoverlo. Sono apicoltore, sapevo farlo».

Cosa significa per lei far parte del Gruppo Finsea?

«Dico sempre che il Gruppo, dove non si può attaccare con le mani, si attacca con i piedi: se c’è qualcosa che sappiamo fare è reinventarci, soprattutto grazie alla nostra dirigenza, che sa fiutare le opportunità e le coglie con un entusiasmo trascinante. Noi li seguiamo e contribuiamo come possiamo: le nostre idee vengono tenute in grande considerazione, il mio caso ne è un esempio tangibile. Mi piace questo Gruppo, come mi piace la realtà di Mto, ognuno porta il suo pezzo, che per quanto piccolo sia è necessario a costruire un grande puzzle».