Una vecchia foto in bianco e nero, un po’ sbiadita, la ritrae giovanissima, affacciata al finestrino del suo Dodge, con il gomito di fuori e un viso sorridente. In questo scatto senza tempo, Nora Pizzati sembra essere perfettamente a suo agio.
Pioniera del volante, veterana delle “padroncine”, così è stata definita più volte dai giornalisti che negli anni la hanno intervistata. In Italia, è la prima donna a guidare un camion per professione, in un’epoca in cui la società vive una netta divisione tra ciò che è maschile e ciò che è femminile.

Sono tempi di guerra però, dove in un modo o in un altro si deve tirare a campare e Nora, 23 anni da poco compiuti, con un marito fatto prigioniero, rimane sola nelle campagne di Roncoferraro in provincia di Mantova. Da quando ha 12 anni monda il riso per vivere, ha un carattere caparbio e combattivo, un’indole tenace.

«La mia storia – racconta – inizia con uno sciopero agricolo nel 1948: in qualche modo si doveva lavorare e io mi misi a trasportare ghiaccio per i caseifici con un carretto attaccato alla mia bicicletta». Il primo vero veicolo a motore lo compra dopo tre anni di notti passate a pedalare, è un motocarro Lambretta scoperto. Per la cabina servirà ancora del tempo, l’inizio di un’epoca nuova e il vento della Liberazione, che si alza con lo sbarco degli americani e le riporta a casa un marito, una licenza di trasportatore e un nuovo mezzo a quattro ruote: un Dodge “made in Usa”.

Nora si scopre imprenditrice, trasporta ghiaia, sabbia e carbone, gestisce i traslochi di tutti i mantovani che vanno a cercare fortuna verso Milano e verso la Svizzera: «abbiamo portato le masserizie di oltre 84 famiglie» dice. Tutte le lire guadagnate in tre anni di duro lavoro le fruttano finalmente un secondo Dodge, questa volta tutto suo. Quel volante non lo abbandonerà per oltre trent’anni, guiderà su ogni strada del Nord Italia, con qualsiasi condizione metereologica: «Partivo da Mantova – ricorda – e andavo a Milano o a Porto Marghera, poi tornavo indietro senza neanche prendere un caffè, perché costava 30 lire e io con 30 lire compravo un litro di gasolio; guidavo per ore nella nebbia e mi facevo strada solo a forza di sale e acqua calda sui vetri».

Figlia di un’epoca scomparsa, la patente quasi non la prenderà mai. «Il giorno dell’esame c’era questo ingegnere – racconta – mi chiese del carburatore e del motore, ero agitata, mi confusi. Sa cosa gli dissi? Che avrei proprio voluto vedere lui, a tirarsi fuori dall’impiccio se il suo camion si fosse fermato per strada. Mi cacciò fuori».

Moglie e madre di due figli, l’Italia lei l’ha vista cambiare dal finestrino del suo camion, anno dopo anno, e nella sua semplicità e determinazione, forse ignara della portata storica delle sue azioni e delle sue decisioni, ha contribuito a creare una piccola crepa nel muro delle convinzioni che ha sempre diviso ciò che è maschile da ciò che è femminile, spianando la strada per ciò che, semplicemente, deve essere umano.

Questo articolo è stato scritto riportando pezzi di interviste a Nora Pizzati apparse negli anni sulla Gazzetta di Mantova, Noi Camionisti e TrasportoEuropa.