stefano pittaluga
Import operations department
Stefano, dispatcher di Mto, è un ragazzone dagli occhi dolci e dal sorriso timido, capelli sbarazzini e voce profonda come il mare: ferma e potente. Si definisce un papà, prima di tutto, poi un genoano e infine un lavoratore del porto. Il mondo della logistica fa parte del suo Dna, una tradizione che gli viene tramandata dal nonno, marittimo e imbarcato su vari mercantili, dal papà portuale, di cui avrebbe voluto – e forse potuto – seguire le orme, ma soprattutto dallo zio trasportatore, quello che gli ha veramente segnato il cammino.
Di buona forchetta, soprattutto per le specialità della sua Genova, pesto e focaccia soprattutto e con in tasca un sogno che forse è già un progetto, quello di viaggiare e scoprire il mondo appena i suoi bimbi saranno cresciuti.
Sfilargli qualche dettaglio sulla sua storia personale e professionale non è facile; abbassa gli occhi, scuote la testa e ripete che è tutto lì, quello che c’è da sapere ma poi, come sempre, si accende finalmente una piccola scintilla nei suoi occhi: «la vuoi sapere una cosa?», inizia un po’ titubante per poi continuare con piglio deciso, «a volte credo che fosse già scritto nel mio destino che avrei lavorato per questo Gruppo: quando conobbi Franco Avanzino (direttore generale di Mto, ndr) avevo solo 10 anni, era estate e io girovagavo in calzoncini un po’ annoiato, in cerca di qualcosa da fare … ».
Davvero?
«Mio zio aveva un terminal a Serravalle Scrivia, ogni estate passavo lì giornate intere, giocando e infilandomi in ogni angolo. Il tempo era così: lento e noioso. Una mattina ricordo di averli visti arrivare insieme, lui e Chiara Archetti, che all’epoca si occupava del container control per Yang Ming Italy: cercavano un posto per il deposito dei container e quell’incontro fu l’inizio di una lunga collaborazione. Quando ci penso sorrido sempre: chi si sarebbe mai aspettato che quel giovane uomo sarebbe diventato il mio responsabile così tanti anni dopo?».
Quindi ha frequentato l’ambiente del trasporto sin da bambino?
«Sì, quando si presentò l’occasione di entrare a far parte della Compagnia Unica del Porto di Genova rifiutai perché stavo già lavorando nell’autotrasporto e questo settore aveva iniziato ad appassionarmi. Ho cambiato varie volte azienda per aprire infine una società famigliare che faceva dapprima perizie su merci e contenitori a Genova e poi deposito di cisterne con lavaggio».
E poi come è arrivato in Finsea?
«Molto in piccolo posso dire che anche noi abbiamo affrontato quello che stanno affrontando oggi i vari gruppi terministici a gestione famigliare in Italia: ci volevano troppi investimenti per portare avanti l’attività e non disponevamo del capitale sufficiente. Così abbiamo ceduto e siccome nel settore bene o male ci si conosce tutti, non è stato difficile ottenere un colloquio con Matteo Ripamonti di Silt, che è stata la prima azienda che mi ha introdotto al mondo Finsea».
Cosa la appassiona tanto di questo mondo?
«È un lavoro dinamico in cui bisogna avere una buona attitudine a risolvere e prevenire problemi. In questo campo non esistono zone grigie: o ti piace o non ti piace e se non ti piace non duri a lungo. È un mondo auto selettivo».
Data la sua lunga esperienza, come è cambiato o sta cambiando il settore secondo lei?
«Operativamente parlando credo che oggi la digitalizzazione abbia migliorato il lavoro: abbiamo più possibilità di controllare il flusso e riuscire a prevenire alcuni problemi, in passato le criticità ti cadevano sul collo e c’era poco da fare. Però c’è un altro lato della medaglia, ovvero le responsabilità e gli adempimenti burocratici in capo alle aziende di autotrasporto, penso al Vgm, ai buoni di consegna elettronici, sono tutte cose che una volta non ci competevano direttamente».
Quale è il valore aggiunto di Mto?
«La diversificazione che è possibile anche grazie al Gruppo che ha alle spalle, con tante attività complementari e una capacità di investimento che una sola azienda non avrebbe. Parlando di quello che conosco meglio, ovvero dei trasporti, credo che oggi non ci si possa più limitare a una sola tipologia; la scelta di diversificare è giustissima e ci permette di sopperire durante momenti di crisi di alcune modalità di trasporto legate all’andamento delle commodity».
Siamo in periodo prenatalizio, quando il mercato è molto vivace, ci può fare una analisi veloce di questo 2022?
«È un momento storico strano, ne veniamo da un periodo di crescita costante durato due anni, potrei definirla una lunga peak season senza i consueti rallentamenti ciclici. Oggi assistiamo a un calo importante nei noli che si riflette inevitabilmente anche sulle tariffe dell’autotrasporto. I corto circuiti nelle catene logistiche hanno portato molte aziende ad aumentare in modo considerevole la loro capacità di stoccaggio, i magazzini sono pieni con la conseguenza che, nonostante sia novembre e gli ordini per il periodo di Natale dovrebbero essere nel loro momento di massimo dinamismo, assistiamo invece a una calma innaturale».